Satira e Censura

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La classe dirigente per avere legittimità, deve avere chi oppone idee diverse per stimolare il confronto e quando ciò avviene civilmente, possiamo affermare che la sovranità popolare ha raggiunto il suo scopo. Pertanto la libertà di espressione è un diritto e non può che essere tale.

Esercitare questo diritto verbalmente, scrivendo o raffigurando non cambia la sostanza delle cose e l’approccio critico, se vogliamo anche caustico nei confronti dell’autorità, ha secondo me un valore addirittura etico, perché dovrebbe indurre a rivedere le decisioni che talvolta non sono ideali per il bene comune.

Ecco la satira ha proprio questa missione: stimolare la pubblica opinione a pensare.

Le forme per attuarla sono le più disparate e anche se spesso rasenta l’ingiuria, la derisione, l’irriverente e il dileggio, dovrebbe pungolare a riflettere anche e soprattutto quando gli argomenti sono i più scottanti come la religione, il sesso o la politica. D’altro canto non può non essere così perché coloro che ritengono debba essere circoscritta da censure che tutelino il rispetto delle culture, hanno una visione limitata della vita. E questo semplicemente perché andrebbe a farsi fottere l’aforisma per cui Voltaire1 è diventato famoso. La reciprocità è apertura, la censura è il suo significato opposto, cioè chiusura. È tramite la reciprocità che si manifestano le proprie idee con l’intento di convincere gli altri a farle proprie, o viceversa, a rivedere alcune convinzioni assumendo come nostre le opinioni altrui. Pertanto brandire un’arma per soffocare la libertà di espressione, riflette soltanto l’abbrutimento che nell’uomo è una prerogativa: l’intelligenza.

  1. “Non approvo quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto di dirlo” ↩︎
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