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È indubbio che viviamo in un’epoca in cui si esalta il vincente. Si è perduto quindi il significato di cosa il fallimento può insegnarci. Ricordo che da bambino, come tutti i bambini, avevo nello sport i miei idoli, e come tutti i bambini, avevo molto forte dentro di me il desiderio di emulazione nei loro confronti perché loro erano dei vincenti.
Ovviamente a me questo non succedeva, spesso dovevo fare i conti con lo smacco cocente della sconfitta e non capivo che sbattere il muso poteva essere una lezione da permettermi di riorganizzarmi, di comprendere le ragioni e non mortificare il mio ego. In buona sostanza capire che il fallimento è una lezione di vita fondamentale. Allora non ascoltavo ciò che l’esito negativo di una gara mi diceva, non comprendevo che poteva essere una leva di resilienza e che lo potevo guardare come fosse un alleato invece di un nemico.
A questo proposito voglio riportare qui uno scritto della scrittrice e maestra elementare a San Michele Salentino Rosaria Gasparro1, e ci tengo a sottolinearlo, non di Pier Paolo Pasolini come a lui troppo spesso viene attribuito nei social ma anche negli organi di stampa. Lo scritto si intitola Elogio della Sconfitta.
“Penso che sia necessario educare le nuove generazioni al valore della sconfitta. Alla sua gestione. All’umanità che ne scaturisce. A costruire un’identità capace di avvertire una comunanza di destino, dove si può fallire e ricominciare senza che il valore e la dignità ne siano intaccati. A non divenire uno sgomitatore sociale, a non passare sul corpo degli altri per arrivare primo.
In questo mondo di vincitori volgari e disonesti, di prevaricatori falsi e opportunisti, della gente che conta, che occupa il potere, che scippa il presente, figuriamoci il futuro, a tutti i nevrotici del successo, dell’apparire, del diventare…
A questa antropologia del vincente preferisco di gran lunga chi perde. È un esercizio che mi riesce bene. E mi riconcilia con il mio sacro poco”.
Di Pasolini invece è la citazione che la maestra elementare Rosaria Gasparro aveva inserito nel post originario.
“Ma io sono un uomo che preferisce perdere piuttosto che vincere con modi sleali e spietati. Grave colpa da parte mia, lo so! E il bello è che ho la sfacciataggine di difendere tale colpa, di considerarla quasi una virtù…“
Qui sotto riporto il commento di Rosaria Gasparro (clicca qui):
“Una riflessione sulla sconfitta come possibilità da esplorare, per sdoganarla dalla negatività dell’accezione e agirla nella sua doppia dimensione di formazione e di liberazione dall’ossessione del successo e dalla sindrome del migliore. Un carico insopportabile che produce ansie, frustrazioni, presunzioni, individualismi, competizione. Solitudini. Come maestra conosco il potere dell’errore, la sua carica creativa e il ridimensionamento di ogni delirio d’onnipotenza. Lavorare sulla dimensione della fallibilità, in un mondo assillato dalla perfezione e dalla vittoria, ci permette d’ imparare l’umanissima arte del perdere e paradossalmente ci rende meno vulnerabili nella nostra ricerca di vita. Perché ogni giorno perdiamo qualcosa, ma sarebbe terribile perdere sé stessi, perdere la relazione con la vita, degradarla nel considerarla una partita dove si vince o si perde.Per chiudere la mia riflessione citavo un pensiero di Pasolini. Ed è stato subito un copia e incolla compulsivo. Un rubi e fuggi in cui sono sparite le virgolette e le persone “nessune”. Sono scomparsa io e il tutto è stato attribuito a Pasolini. Divertente. In genere il plagio è al contrario. È così che è nato un apocrifo che è diventato virale. Ho provato a contattare i siti, le pagine Facebook, i blogger (qualcuno ne ha fatto il suo articolo), i giornalisti e gli studiosi di Pasolini (sic!) per segnalare il falso. Senza successo. Sono grata a Lucia Senesi per il suo contributo di luce. D’altronde basta leggere Pasolini e chiedersi come mai prima del 23 gennaio 2014 in rete non ci fosse questa piccola riflessione. D’altronde di sconfitta parlavo e del valore sotteso di sentirsi nessuno, e questo è quanto è accaduto”.
- Scrittrice, appassionata di Teatro e maestra elementare a San Michele Salentino ↩︎
2 comments
21 Maggio 2024 at 19:45 —
Complimenti Massimo!..sei un poeta della fotografia profondo e intimo!! E allo stesso tempo un fotografo della poesia capace di scovare con delicatezza quel “fiore nel letame” nascosto nella quotidianità!…
22 Maggio 2024 at 9:41 —
Marco…parole splendide le tue che mi lasciano completamente senza parole. A breve arricchirò la galleria di altre immagini. Grazie infinite del commento.